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MI RIVOLGO AGLI OPERATORI RADIO E TV ....
Questo giornale è stato dedicato ai gravissimi problemi di giustizia che hanno le emittenti locali e una volta tanto l'attività informativa e organizzativa dell'associazione è finita in questa quarta pagina del nostro giornale. Sento che è il momento di invitarvi a pronunciare l'ormai classico triplice "Resistere" perché è inutile illuderci, associazioni, politici, affaristi megalomani con la grazia di chi è uso fabbricare mattoni e tondini di ferro, intendono dominare sulle ceneri delle emittenti locali, e noi dobbiamo sapere dire di no, a testa alta, dalle nostre telecamere e dai nostri microfoni: spingere i giudici ad essere equi e imparziali; mettere alle strette deputati e senatori eletti nella zona in cui operano le emittenti; invitare i giornali a fare il loro dovere di informare i lettori abbandonando quell'atteggiamento fra lo spocchioso e il timoroso, temendo una concorrenza che - stante la diversità dei mezzi - non è mai stata esercitata nei loro confronti. Vi invito a non sperare nei fatalismi; ciò che ha detto in tempi lontani il Conna si è puntualmente avverato. Ricordate? "Dopo la distruzione della prima linea, quella delle piccolissime emittenti, verrà il turno della seconda e poi della terza, fino alla resa (vendita, o comunque chiusura) anche delle aziende maggiori, quelle per intenderci che pur di restare in compagnia di qualche loro illustre collega con la speranza gli cadano alcune briciole dal tavolo si sono adattate a pagare cifre di rapina iscrivendosi ad associazioni che boicottano i loro interessi". La legge Mammì, già notevolmente punitiva nei confronti dell'emittenza radiofonica in ambito locale permetteva "...l'emissione contemporanea di almeno il 70 per cento dei programmi ricevibili senza disturbi", ora siamo già al 30 per cento e se non provvederà la giustizia che stiamo in tutti i modi scuotendo, ben poco resterà a disposizione anche di quelle imprese che si sentono "fuori pericolo". Anche la Rai è nell'occhio del ciclone, e non è casuale che abbiamo trovato lo spazio per lanciare l'allarme pubblicando la consueta rubrica sotto la targa stradale di "Via della Rai" fotografata a Rocca Priora 18 anni fa: come le locali, ha dovuto subire l'aggressione di potenti gruppi finanziari e sotto certi aspetti (per l'importanza agli affetti sociali e culturali) la sua vicenda è molto simile a quella delle piccole e medie radio e televisioni private. Purtroppo, abbiamo potuto constatare di persona (e lo dimostriamo) che la magistratura amministrativa è inaffidabile, influenzata in modo determinante dai grandi poteri tuttavia, per quanto ci riguarda, noi del Conna siamo decisi a rimuovere questo stato di cose e se non ci riusciremo in Italia ci rivolgeremo (numerosi contatti sono già stati presi) alla Corte di giustizia delle comunità europee. La nostra vicenda è esemplare e dimostra come una semplice richiesta di rinvio alla Consulta del passo di una legge palesemente incostituzionale (la nota trasformazione obbligatoria di ditte individuali in società di capitali e l'assunzione, sempre obbligatoria, di dipendenti per poter proseguire l'attività) possa degenerare al punto di essere negata con una sentenza da lasciare sbalorditi. Fatto ancora più sconcertante poi è che di fronte alla denuncia al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa dell'operato del presidente della sezione che ha emesso il giudizio, e alla conseguente ricusazione per fondati dubbi sulla serenità di giudizio in merito ad un altro ricorso, il presidente del Tar del Lazio Corrado Calabrò, non ha inteso occuparsi del grave problema, demandando ogni decisione al magistrato...ricusato. Una situazione intollerabile quella del Tar del Lazio e dei Tribunali amministrativi in genere che nessuno ha interesse a denunciare né per una crisi di onestà dall'interno, né da parte degli avvocati che temono di mettersi in cattiva luce. Valga la mia personale esposizione in quanto presidente di una associazione nazionale "non profit" giunto a rispettabile età con il certificato penale pulito a denunciare pubblicamente una gravissima situazione che mina la fiducia di tutti i cittadini (operatori radio e tv compresi) nella giustizia, e compromette alla radice i rapporti di civile convivenza.
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