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LEGGE 66/2001
Riproponiamo come documentazione parte dello stringato ricorso degli avvocati Besi e Falchi in merito alla palese incostituzionalità della legge 66, affatto rilevata dal Collegio del Tar del Lazio presieduto da Filippo Marzano, consiglieri Giancarlo Luttazi e Francesco Riccio.
Si pone la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della determinazione opposta e dell'art. 2-bis del d.l. 5/01 (l. 66/01) in relazione agli artt. 1, 3, 4, 35, 41 della Costituzione della Repubblica. Per l'effetto si chiede che il Tribunale amministrativo , riconosciuta la fondatezza della eccezione, voglia, previa sospensiva del regolamento impugnato, rimettere la questione alla Corte Costituzionale per la decisione. Gli articoli di cui si eccepisce la incostituzionalità, infatti, prevedono che la gestione delle emittenti radio locali sia riservata alle società sottraendola ai singoli lavoratori imprenditori e che dette società debbano assumere un minimo di due dipendenti in ciò contrastando con il dettato costituzionale. In particolare si eccepisce la lesione dei seguenti articoli della Carta Costituzionale: art. 1 perché si sottrae al singolo la possibilità di lavoro autonomo; art. 3 perché si crea disuguaglianza di diritti fra cittadini e fra persone fisiche e giuridiche; atr. 4 perché si limita la possibilità del singolo di espletare la propria attività lavorativa del settore delle radiocomunicazioni e si limita la libertà di impresa; art. 35 perché si vieta il lavoro del cittadino quale piccolo imprenditore di emittente radiofonica privata; art. 41 perché si limita ed esclude la iniziativa economica privata.
NEL MERITO
Si rileva che, in applicazione del regolamento emanato e della porzione di legge della quale si è eccepita la costituzionalità, migliaia di emittenti locali, gestite personalmente dal titolate della concessione, dovranno chiudere od essere cedute ad altri soggetti, Quanto alle società, legittimate alla condizione, queste dovranno assumere un minimo di due dipendenti, con un onere economico insostenibile, laddove si consideri che i guadagni medi delle piccole imprese del settore sono inferiori al costo annuo di un solo dipendente e che, comunque, tutte le radio si sono già da tempo organizzate con impianti computerizzati che prevedono la gestione con un solo operatore, impianti che diverrebbero inutilizzabili. Il danno alle piccole radio si tramuta inoltre in danno alla comunità sia per la funzione di utilità culturale e sociale che queste rivestono, sia per la impossibilità, economica e di legge, per i piccoli imprenditori operanti su territorio limitato, di giovarsi di emittenti non locali per la loro pubblicità.
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