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L'INIQUO
CANONE
La
Corte dei Conti intende recuperare i canoni arretrati, il Ministero delle
Comunicazioni revoca le "concessioni",
Lo
Stato non ha dato nulla in cambio di quanto la 223/90, la legge Mammì,
prevedeva, ovvero frequenze utilizzabili ricavate dalla stesura di Piani di
assegnazione televisivi e radiofonici che non sono MAI stati approntati.
Un
equivoco grande come il mare cui nessun avvocato aveva interesse a porre rimedio
istruendo una serie di normali cause civili che contestassero alla radice ciò
avevamo definito "La burla delle concessioni".
Buona
parte dei titolari di emittenti hanno "abboccato" senza riflettere,
spinti dalle associazioni cui facevano capo a riconoscere l'assurda situazione;
altre, hanno preferito rispondere non pagando tasse e cànoni che ritenevano
iniqui, altri ancora, esclusi dalle "concessioni", sono riusciti ad
avere un minimo di giustizia per merito della competenza e del senso di
responsabilità dei presidenti del Tar del Lazio, "sensibilizzati"
dall'occupazione del monte Cavo in provincia di Roma nel giugno del 1994 durata
32 giorni, organizzata e sostenuta dal Conna.
Ma
come si era giunti nel 1993 a tali livelli di assurdità, chi aveva impostato il
meccanismo infernale?
Lo
spiegammo ampiamente all'intera categoria a più riprese; in particolare, nel
numero di Nuove Antenne del dicembre 1993, giungevamo a pubblicare il testo
degli emendamenti vessatori "suggeriti" da Frt, Anti e Corallo con il
beneplacito dell'Aer, che poi costituirono i famosi "trabocchetti"
della legge 422, recepiti dal consigliere del ministro Pagani Pietro Sirena, già
braccio destro del ministro Vizzini.
L'imbeccata
a salassare le emittenti che potevano pagare per meglio schiacciare le emittenti
minori costringendole ad accettare "concessioni" senza valore (però a
pagamento), venne proprio da quelle associazioni collaborazioniste che
ricavarono poi gagliardi profitti producendo presso i Tar una infinita serie di
ricorsi.
Fatta
chiarezza e tolto ogni dubbio sulle responsabilità che abbiamo puntualmente
denunciato nelle varie commissioni ministeriali - gli stenografici che qualche
volta abbiamo anche pubblicato lo provano - dobbiamo domandarci, partendo da
zero come se la truffa fosse recentissima, quale sia il mezzo migliore per far
valere i nostri diritti.
Eravamo
pronti a ricorrere alla Corte di Giustizia europea di Bruxelles e avevamo già
preparato la documentazione necessaria quando gli avvocati europei (più seri di
quelli nostrani), contro il loro interesse professionale, ci avevano chiesto se
in Italia tutti i tentativi di far "saltare" il meccanismo del
rilascio delle strane concessioni erano stati fatti.
Rispondemmo
di sì con incertezza perché da qualche tempo le sentenze favorevoli alle
imprese televisive e radiofoniche e le sospensive dei Tar che volutamente non
entravano nel merito si andavano moltiplicando; poi è venuta la ormai nota
sentenza n.500 della Cassazione che ha aperto strade giudiziarie nuove.
Oggi,
crediamo sia possibile chiedere ai tribunali civili nazionali, ai pretori per
intenderci, la restituzione dell'importo dei canoni e delle tasse governative
pagate senza giustificazione alcuna, in cambio delle carte di concessione senza
valore che restituiremmo in massa al Ministero dell'Eur.
L'istruzione
delle cause intanto fermerebbe le revoche delle concessioni e le azioni di
recupero dei crediti intentate dalla Corte dei Conti che ignara di ciò che è
successo, continua a ritenere insolventi coloro che non hanno pagato i cànoni e
così il Ministero delle finanze per le tasse di concessione.
Ai
legali incaricati non sarebbe difficile dimostrare l'inesistenza delle
condizioni di rilascio delle concessioni previste dalla legge 422/93 per la
mancanza totale dei relativi Piani di assegnazione previsti dalla 223/90 in poi;
la citazione poi di alcuni dei numerosissimi casi di frequenze
"concesse" inutilizzabili (a Roma per esempio tre televisioni hanno
ottenuto il medesimo canale senza, ovviamente, potersene servire), completerebbe
un quadro generale che vedrebbe il Ministero delle Comunicazioni sul banco degli
accusati, citato altresì a rifondere i danni per il mancato sviluppo delle
aziende, per l'attentato all'immagine delle imprese e per le spese legali
sostenute. Il Conna, invita quanti si sentono danneggiati se non altro per aver versato ingenti somme non dovute a chiamarci al fine di coordinare e unificare i vari procedimenti.
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