UNA
SINTESI DEL PROGETTO
Il
problema di stabilire delle regole che limitino gli effetti dell'influenza che
televisioni e radio hanno sugli ascoltatori/elettori non può essere eluso
dichiarandosi a favore di una libertà selvaggia come hanno fatto Aer e Frt, ma
affrontato e risolto con vantaggio delle stesse emittenti, mettendo da parte
vecchie e insostenibili posizioni di predominio informativo e ricorrendo alle
sia pur pessime leggi vigenti, che però considerano TUTTE le radio e le tv
esistenti mezzi di informazione di PUBBLICA UTILITA' (norme di esproprio dei
terreni per le postazioni di trasmissione contenute nelle leggi 223/90 e 249/97
art.4 comma 3 ).
Perché
allora non raccogliere questa insperata "concessione" di legge
adottando un comportamento simile a quello della Rai che assicura (sia pure in
modo imperfetto) spazi di propaganda politica per tutti?
La
maggioranza dei titolari di mezzi radiotelevisivi già si regola in questo modo
evitando un uso improprio del mezzo, altri invece hanno dato luogo ad abusi per
fini di parte facendo nascere l'esigenza di stabilire delle regole.
Purtroppo
il Ddl partorito dal governo (Atto Senato 4197) non è all'altezza della
situazione, né in armonia con stati di fatto consolidati meritevoli di una
risposta innovativa che non stabilisca proibizioni che non siano puramente
tecniche: la legge 515/93 (detta di "par condicio"), pur infarcita di
regole e divieti, ha permesso grossolani abusi "legali".
La
parola libertà pertanto deve sostituire quella del divieto per permettere a
quanti sono presenti sulla scena politica un accesso TUTTO L'ANNO ai grandi e ai
piccoli mezzi di diffusione televisivi e radiofonici, non più deciso dal
capriccio (in realtà secondo convenienza) delle direzioni delle reti nazionali.
Cesserebbe
così lo scandaloso mercato sottobanco degli "show" e delle interviste
a ripetizione che vede determinati personaggi costantemente in mostra in cambio
di una acquiescenza parlamentare che ci ha regalato pessime leggi: insieme al già
importante problema della "Par condicio", si risolverebbe così, con
una sola legge, anche la questione del CONFLITTO DI INTERESSI perché le regole
sarebbero UGUALI PER TUTTI.
Libertà
RECIPROCA, intendiamoci bene, anche da parte di una impresa "tutta
commerciale" che non intenda "trattare" la politica e non
invitare politici a tavole rotonde, dibattiti, conferenze, partecipazioni a
spettacoli di varietà ecc., e tanto meno trasmettere "spot".
Le
obiezioni che ci sono state fatte cui abbiamo risposto erano principalmente di
due tipi: i controlli sull'equità dei tempi dedicati ai vari soggetti e la
copertura delle spese di trasmissione.
Per
quanto riguarda i controlli, grossi problemi non ce ne sono perché tutte le
leggi che regolano la materia, dalla Mammì in poi, prevedono indagini sul
contenuto dei programmi mediante la verifica delle registrazione conservate per
tre mesi, al punto che a molte emittenti è stata revocata la concessione perché
non hanno mantenuto gli obblighi di tempo dedicato all'informazione, alle ore
complessive di trasmissione, oppure ancora alla quantità di pubblicità
trasmessa; comunque, ad ogni buon conto, una tolleranza del 5 per cento sui
tempi distribuiti alle varie forze politiche eviterebbe sanzioni e
investigazioni esasperate e cavillose.
La
parte finanziaria sembrerebbe la più scabrosa da affrontare ma non è così:
l'indennizzo a beneficio delle varie emittenti che avessero deciso di dar spazio
alla politica potrebbe essere ricavato da una parte dei finanziamenti post
elettorali destinati ai partiti (questi ultimi, per i vantaggi che otterrebbero
non avrebbero interesse ad opporsi) e da una percentuale del cànone, oggi quasi
interamente destinato alla Rai, la quale potrebbe "recuperare" con un
più alto "tetto" pubblicitario.
Il Conna, a proposito di "Grandi questioni" aveva il dovere di suggerire
da addetti alla comunicazione quali noi siamo, a politici spesso sprovveduti in
materia, un sistema piano, equo e praticabile, in grado di risolvere la
questione del diritto a comunicare per tutti e per una intera legislatura,
considerato che la pubblicità più penetrante e insidiosa è quella che viene
fatta tutto l'anno e non solo in periodo elettorale.
Le
emittenti locali avrebbero tutto da guadagnare perché oltre al prestigio e
all'ufficialità che conquisterebbero in cambio di una maggiore attenzione nella
scelta delle notizie e delle presenze all'interno delle trasmissioni, avrebbero
assicurato un sostanzioso rimborso spese ad ogni tornata elettorale, e così le
reti Mediaset, oggi disertate dai politici concorrenti che non intendono
finanziare i propri avversari.
Purtroppo,
già lo si intuisce, dai rifiuti incrociati, dalle ripicche dei politici e
dall'ondata emotiva non scaturirà nulla di buono (già si parla di
mercanteggiamento sugli "sconti", peraltro già previsti dal
Regolamento della legge 515/93, pubblicato sulla G.U. n.21 il 27.01.1994, di
parziale "libertà" per le locali di trasmettere "spot" e di
divieto per le reti nazionali), fino a quando, dopo l'ennesimo fallimento,
forse, ci si ricorderà del nostro progetto.
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