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UN DEGRADO CHE APPARE INARRESTABILE

Giustizia Umiliata 

Gli attacchi a ripetizione alla magistratura hanno posto i giudici in una difficile situazione di incertezza e di soggezione. 
Deliberare una sentenza basata su giudizi strettamente giuridici è sempre più difficile perché accanto a pochi magistrati che non intendono lasciarsi influenzare da un clima ostile - considerati "pericolosi" perché "poco addomesticabili" - ne esistono tanti altri che prima di emettere una sentenza, alzano un ditino inumidito per meglio capire da che parte tira il vento.
Se questo accade per la giustizia penale, sottoposta in qualche modo ad un maggior controllo da parte dell'opinione pubblica, possiamo immaginare cosa succede in quella civile.
L'avvocato Marazzita nella parte finale del suo articolo pubblicato in questa stessa pagina, ci dice che il processo civile ormai marcia a due velocità; una denuncia di estrema gravità che toglie ai cittadini quelle garanzie di base primarie che risiedono anzitutto nella giustizia.
I Tribunali amministrativi regionali poi fanno storia a sé; essi sono influenzati dalla politica ad un punto tale da lasciare sbalorditi tutti coloro (pochissimi, tanta è la noncuranza) che prendono cognizione delle loro decisioni.
Nel campo che ci interessa, quello televisivo e radiofonico, sono accaduti fatti di una grossolanità che hanno lasciato indifferenti illustri "giuristi" e "costituzionalisti", abituati a spaccare in quattro un cappello, che però in questo caso, gelidi, non hanno battuto ciglio di fronte ad autentiche enormità. 
Il Tar del Lazio si è particolarmente distinto nei suoi pronunciamenti nonostante la sua responsabilità fosse doppia rispetto agli altri, dal momento che le sezioni del tribunale di piazza Nicosia, trovandosi in una posizione logistica di rilievo, godono di un particolare prestigio che si traduce sugli altri in una forte pressione indiretta.
Da sette anni per esempio il Tar del Lazio tiene in regime di sospensiva - senza mandare al merito le cause - un gran numero di aziende televisive e radiofoniche interdette per le più speciose ragioni, in particolare, a dire del Ministero delle poste e telecomunicazioni (oggi solo delle comunicazioni) mancherebbero di una particolare "Concessione", mai peraltro rilasciata a nessuna emittente italiana per la mancata realizzazione dei piani di assegnazione delle frequenze (canali) di trasmissione. 
Ebbene, nel 1994, quando le cause furono promosse, una serie di sentenze di stretto carattere giuridico avrebbe dovuto condurre alla condanna amministrativa dei gestori del Ministero - qualcuno di loro finito in carcere - e alla loro denuncia per truffa per aver, rilasciato (a pagamento) "concessioni" prive totalmente di valore. Inspiegabilmente ciò non avvenne; si preferì adottare la soluzione "all'italiana" delle sospensive, seguendo con tutta evidenza indirizzi politici del tutto estranei ai compiti di un tribunale.
Ma vogliamo essere ancora più chiari e fugare ogni ombra di genericità; a pagina 2 di questo giornale pubblichiamo una sintesi di tre ricorsi a tutt'ora indefiniti, che sottoporremo al vaglio del Consiglio superiore della magistratura e alla Corte di giustizia europea insieme all'intera vicenda, ed il sia pur timido tentativo del Tar di Trento di azzardare una interpretazione dei fatti che accaddero nei primi anni dello scorso decennio.
Sarebbe stato sufficiente un tantino di autonomo coraggio nel Tar del Lazio o nel Consiglio di Stato; invece, i richiami in direzione di una giustizia imparziale furono ascoltati solo da orecchie con i timpani di ferro.


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