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IMPARIAMO A CONOSCERLI (e a non temerli)

Un cameraman in politica: WALTER VELTRONI

Ogni volta che sentiamo Silvio Berlusconi accusare di qualcosa Walter Veltroni, cerchiamo di scoprigli sotto i baffi che non ha, un sorriso. Il Cavaliere sa benissimo che il cattivo esempio italiano dato a tutto il mondo di far nascere reti nazionali appartenenti ad un solo soggetto, senza il consenso di fondo del sagrestano dell'allora Pci, non ci sarebbe stato. Al CAF si aggiunse una V, quella di Veltroni, responsabile di "Stampa e propaganda", che si guardò bene dal mobilitare deputati, senatori e tanto meno la sua stampa; e quanto alla propaganda, secondo una disastrosa prassi consociativa, faceva credere esistesse una opposizione che in effetti non c'era.  
Infatti, all'epoca della gestazione della legge Mammì, non era raro imbattersi in una strana coppia in fitto parlottio lungo il corridoio davanti alla 7a Commissione cultura al quarto piano di Montecitorio, composta dal Nostro e dal "socialista" Ugo Intini tenuto sottobraccio.  
Veltroni, oltre ad essere il liquidatore di quanto rimane del suo partito in cui non ha mai creduto, è un personaggio importante: non si muove nessuna foglia che egli non voglia; può tutto, nel mondo del teatro, del cinema, in Rai, e nessuno osa attaccarlo tanta è la paura di ritorsioni.  
Sì, perché chi lo conosce bene sa che non è affatto un "buonista", procede per simpatie e non ha scampo chi tenta di ribellarsi.  
La sua animosità nei confronti di televisioni e radio locali, che considera brutte, sporche e cattive ha radici antiche - forse ricordi di qualche scottatura - al punto che a metà Anni Ottanta favorì la nascita dell'Aer presieduta da Sergio Natucci, oggi responsabile della associazione reti nazionali (Rna), nemica naturale della emittenza locale.  
Veltroni ha poi fondato Italia Radio (iscritta alla Rna) ed è stato direttore dell'Unità, il giornale di cui seppe aumentarne le vendite con la trovata delle cassette allegate: una condanna a regalare qualcosa che la stampa quotidiana non sa ancora oggi come scrollarsi di dosso.  
Quanto a preparazione culturale, a parte il padre giornalista di cui ha ereditato una infinità di conoscenze, ci risulta abbia frequentato un corso di operatore cinematografico, ma ha preferito evitare i rischi e il sudore alla macchina da presa sistemandosi in politica. Un buon affare comunque; conosciamo cameramen che sperano al massimo nel Totocalcio non certo a palazzo Chigi, dopo essere stati ministro e per giunta della cultura come l'oracolo Veltroni, consultato quotidianamente da giornali e telegiornali e mai protestato.  
Ma chi ne ha il coraggio. E' potente, potente, tanto potente...  

 


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